LA STREGA ORSOLINA: PROCESSO IN ABRUZZO

 


Oggi il nostro viaggio inerente ai processi della Santa Inqusizione ci porta nella bellissima terra dell'Abruzzo. La protagonista (per sua sfortuna) fu una ragazza di nome Orsolina di Pasquale, una delle storie più eblematiche di caccia alle streghe nell'anno del Signore 1612, in quel di Miano.

Orsolina ''fama tirsta', che secondo le accuse e testimoni del processo era una poco di buono, poiché diede alla luce dei bambini senza mai aver avuto un marito. Come tante altre ragazze dell'epoca si appassiona alla conoscenza delle erbe naturali. Lei stessa aiuta delle giovani donne ad abortire tramite pratiche arcaiche. Ha una figlia, ed è sempre pronta ad accudire i bisognosi come una certa Francesca ''spiritata da un anno'',ma che probabilmente soffriva di crisi epilettiche. 

Si racconta che fosse sufficiente che Orsolina le sussurrasse poche parole all’orecchio, che Francesca riuscisse a ritrovare quella serenità perduta. Un miracolo fatto davanti ad altri concittadini. Orsolina forse non è una praticante come tutte le quelle donne assidue frequentatrici dedite a recitare le orazioni. Purtroppo una terribile disavventura sta per abbattersi nella sua esistenza. Le crisi di Francesca dopo qualche settimana o forse mese, riprendono più forti di prima.

A pensar male degli altri ci si mette troppo poco tempo: il popolino inizia a dire che è un maleficio! Orsolina si deve scontrare con l'accusa di essere una strega. Viene portata in carcere e rinchiusa. Più volte nel processo dichiara la sua innocenza e la sua distanza a pratiche di magia nera. Spiega al tribunale che le parole sussurrate all'orecchio di Francesca sono quelle dette dal sacerdote durante la messa “Adoremus te, criste”. Frase che non è in grado neanche di tradurre, ma che sicuramente non può fare alcun male.

Redarguita dal vescovo a non mentire più di fronte al Santo Uffizio e a dire la verità, la ragazza non ritratta. Dice di non aver commesso nulla di immorale e anticristiano! Viene torturata: spogliata, legata e tirata con le corde nella braccia e gambe. Dalla sua bocca escono solamente urla di dolore e preghiere, neanche un nome di demone e formule magiche. 

Viene riportata in carcere. La sua pena non sarà il rogo, ma “a stare in ginocchio con un cero in mano davanti alla porta della cattedrale di Teramo un giorno festivo'', mentre si celebra la messa, e all’esilio da Miano e da tutta la diocesi di Teramo per un anno. Questo è il quanto che sono riuscito a reperire in rete.

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