I MANICOMI negli USA nel 1900: un LAGER Autorizzato

 

Camicie di forza, sbarre alle grate e sedativi, pianti e urla erano all'ordine del giorno, e nella notte prendevano ancor più forza! Nel 1900, i pazienti negli ospedali psichiatrici, detti comunemente manicomi negli Stati Uniti furono delle vittime sacrificali, subendo dei trattamenti disumani. Le cause erano molteplici: ignoranza nella materia da parte dei medici e sadismo da parte di altri.

Molti pazienti venivano rinchiusi nei manicomi contro la loro volontà, pur non mostrando alcun segno di squilibrio mentale, ma con la sfortuna di vivere dei periodi di malinconia o depressione, che il dottore di quartiere segnalava alle autorità come pazzo del paese.

 Vi sono alcune testimonianze come quella di Nellie Bly, quando entrò sotto copertura al Bellevue Hospital di New York, di pazienti picchiati selvaggiamente dagli infermieri e soffocati con dei cuscini. Spesso i dormitori assomigliavano a delle prigioni e ricordavano i lager!

Nell'istituto, i pazienti risultati positivi alla sifilide venivano intenzionalmente infettati dai dottori con il siero della malaria. Le condizioni all'interno dei manicomi nel 1900 erano terribili, ancor prima che i dottori iniziassero a utilizzare trattamenti come la lobotomia e la terapia con scosse elettriche. I malati impararono in poco tempo a ripetere ciò che i medici volevano sentire

COSTRETTI CON LA FORZA

Agli inizi, nel 1860 molti pazienti erano costretti a essere ricoverati presso gli ospedali psichiatrici La legge consentiva alle famiglie di far ricoverare un proprio parente all'interno di un manicomio con poche prove a suo carico. Nell'Illinois, una donna Elizabeth Packard finì per tre anni all'interno di una di queste strutture, solo perché professava una religione diversa da quella del marito.

Alcune famiglie pagavano la permanenza di un parente all'interno di un manicomio pur di non vederlo ritornare a casa. Nel 1904, solo il 27,8% dei pazienti rimaneva ricoverato per un anno o meno, la stragrande maggioranza dei casi era a lungo termine, anche fino alla morte.

I pazienti considerati con malattie psichiche più gravi erano costretti a subire gli esperimenti da parte dei medici: a essere infettati con il siero della malaria, privi quindi di alcun antibiotico, a periodi medio lunghi di isolamento. Si notò che circa la metà dei pazienti vide una riduzione dei sintomi della sifilide dopo l'infezione da malaria, ma almeno il 15% morì a causa di questo trattamento.

Per quanto riguarda lo studio della mente: i primi trattamenti  erano spesso brutali. All'inizio del XIX secolo nei manicomi inglesi utilizzavano una ruota per far girare i pazienti ad alta velocità. Oppure, legare il malato e farlo oscillare o marchiarlo con un ferro rovente  nel tentativo di "riportarlo in sé".

Con il progredire della tecnologia, gli esperimenti fino al 1930 divennero ancor più preoccupanti, comprese le lobotomie e la terapia con scosse elettriche. Nasceva un tacito compromesso tra il paziente e il dottore, che pur il malato di non subire delle vere torture cercava di assecondarlo e con la speranza di poter essere dimesso. Capitava però che lo stesso paziente appena uscito dal manicomio moriva suicida a causa dai traumi subiti all'interno dell'ospedale psichiatrico.

ANCHE I BAMBINI

Nel 1900 gli ospedali psichiatrici americani non curavano solo adulti, ma ricoverano anche bambini. Tra il 1854 e il 1900, il Worcester County Asylum esaminò centinaia di bambini di età pari o inferiore a 16 anni, dichiarano che almeno 200 erano depressi fino ad arrivare al suicidio. Purtroppo non vi era alcuna distinzione di trattamento tra adulti e minori. All'interno degli ospedali psichiatrici esisteva un alto tasso di mortalità infantile, che raramente vedevano le loro famiglie dopo essere stati ricoverati.

Quando una persona entrava all'interno di una di queste strutture aveva come la percezione di stare dentro un carcere. Lo scenario all'interno era spettrale: corridoi immensi e vuoti e da per tutto grate per non far scappare i pazienti. 

I dormitori ancor peggio: in ogni camerata almeno 2 pazienti, quelli considerati i più pericolosi erano legati ai letti. C'erano anche le celle d'isolamento, da li di solito si usciva praticamente morti. Fuori l'edificio, un grande parco ma anch'esso dall'aria tetra, benché i malati avevano ogni giorno la loro ora d'aria!

IL DIGIUNO O POCO CIBO 

La dieta o digiunare completamente faceva parte del trattamento. Ma al St. Elizabeths (noto  Government Hospital for the Insane), capitava che il dottor Harry Hummeran promuovesse la cura di mangiare 17 uova al giorno. L'esito era quello di assistere a pazienti contorcersi dai dolori alla pancia, dissenteria e vomiti.

SEMPRE PIU' MANICOMI 

Nel 19 secolo i riformatori incoraggiarono gli stati a costruire sempre più manicomi. Nel 1870 quasi tutti i membri degli Usa possedeva un immenso ospedale psichiatrico.  Uno dei più grandi era Oregon State Hospital, aperto nel 1883 e nel 1936 ampliato ulteriormente con altri edifici. All'epoca, l'istituto curava 2.400 pazienti. 

Per finire vediamo alcuni referti originali di provenienza dal New Orleans City Insane Asylum, che includevano le seguenti note di medici:

  • Frank Camba, ricoverato per squilibrio mentale a causa delle malariche.
  • William Byrne a seguito di una caduta dal cavallo è atterrato con la testa al suolo, causando n "ammorbidimento del cervello''.
  • Henry Schreiber, "idiozia congenita" i medici scrissero "un idiota dalla nascita".
  •  Jane Depassay,  ha bevuto troppo whisky,  alcolista cronica.
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