Mastro Titta: Il Boia più Carnefice di tutti i Tempi


Nella storia e in Italia la figura del Boia ha sempre destato un sottile macabro fascino: ma c'è ne uno in particolare che si contraddistingue su altri, poiché protagonista nell'aver giustiziato 516 persone. Ma chi era costui? Il suo nome è legato a quello di Giovanni Battista Bugatti, noto come Mastro Titta, in romanesco  ''er boja''. La sua attività di esecutore durò ben 68 anni: iniziò all'età di 17 anni, il 22 marzo 1796: fino al 1864. Egli operò sotto il benestare dello Stato Pontificio mediante il pappato di sei Pontefici: da Papa Pio VI e andò in pensione a 86 con Pio IX. Le sue prestazioni sono annotate in un elenco che arriva fino al 17 agosto 1864, quando venne sostituito da Vincenzo Balducci e papa Pio IX gli concesse la pensione, con un vitalizio mensile di 30 scudi. 

Lo stesso Mastro Titta annotava in maniera quasi maniacale le sue esecuzioni. Oltre al mestiere del Boia, Bugatti faceva il venditore e riparatore di ombrelli nella sua casa vicino a Castel Sant'Angelo. Fu maestro di giustizia in una Roma che mutava velocemente assieme agli stessi strumenti di morte: passando alla tradizionale ascia, alla forca, fino ad arrivare alla ghigliottina portata dai francesi, che Maestro Titta apprezzò particolarmente e continuò ad utilizzare. Nello stesso film il Marchese del Grillo viene mostrata la Ghigliottina nella scena dell'esecuzione di Don Bastiano. 

In virtù della sua fama di Boia, gli era stato vietato entrare nel centro di Roma,  nel timore che qualcuno potesse attentare alla sua vita. C'erano però dei giorni che il Tevere doveva passarlo ed erano quelli in cui aveva il compito di portare al patibolo il prigioniero o il mal vivente di turno. Le esecuzioni avvenivano tutte nel centro di Roma: in piazza del Popolo, Campo dei Fiori o Piazza del Velabro. All'epoca dello Stato Pontificio, le esecuzioni erano accessibili al popolino, che amava questo genere di spettacolo. A fine esecuzione, il rito era sempre quello: Mastro Titta prendeva la testa decapitata del condannato e la mostrava al popolo. A raccontare le condanne furono gli stessi celebri autori quali Lord Byron e Dickens, che descrivevano il Boia indossare un lungo mantello di colore rosso, conservato in un museo a Roma.

Ma chi erano i condannati a morte?
Erano uomini che si erano macchiati dei più differenti reati: il primo a essere giustiziato fu il 22 marzo del 1796 un certo Nicola Gentilucci, reo di aver ucciso un prete e due sacerdoti. In base al libro Memorie di un carnefice: una falsa autobiografia di Mastro Titta che prende spunto dal taccuino di appunti effettivamente tenuto dal boia. Maetro Titta racconta che per rizzare la forca dovette impiegare quattr’ore di lavoro assiduo, preparando la brava forca e le quattro scale che gli servivano. Al condannato gli fu fatta la barba e datogli da vestire una candida camicia di bucato e un paio di calzoni nuovi. Alla mattina presto fu bussata la porta della prigione con il bargello e gli sbirri e un aiutante del cancelliere, che ne porta gli emblemi, gli presentò una carta dicendogli: Nicola Gentilucci, io ti cito a morte per domattina. Gentilucci morì secondo il boia con un suo colpo magistrale tramite cappio al collo per strangolamento. 

Passarono due mesi e Matro Titta impiccò Amelia, Sabatino Caramina che aveva commesso un omicidio per bestiale furore e dopo settantaquattro giorni, il 28 marzo 1797, squartò il corpo di Valentano Marco Rossi che aveva ucciso suo zio e suo cugino per vendicarsi della non equa ripartizione fatta di una comune eredità. Ne seguirono altri fino ad arrivare al 14 gennaio del 1800, nel quale fu giustiziato il Rivoluzionario Gregorio Silvestri.

Non meno arduo affare fu per il boia l’esecuzione degli uccisori del sacerdote don Giovanni Lupini, il 6 maggio 1800, la quale destò in Roma a quell’epoca grandissimo rumore. I condannati a morte furono: Gioacchino Lucarelli, Luigi De Angelis, Lorenzo Robotti, Giovanni Rocchi, Antonio Mauro. Impiccagione e squartamento; i primi due corpi vennero anche bruciati.  A metà del 1815 esattamente nel 1817 le pena capitali verranno eseguite mediante decapitazione.

L'ultimo ad andare al patibolo, il 516 esimo della lista fu Domenico Antonio Demartini, regnicolo, reo, di omicidi, “morto” in via dè Cerchi li 17 agosto 1864. 

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