Eleonora d'Arborea: La Donna che Difese la Sardegna

 


Eleonora d'Arborea è senz'altro uno dei personaggi storici più noti  della Sardegna, esempio straordinario di come le donne nel Medioevo potessero svolgere ruoli di grande importanza e assumere posizioni di autorità e prendere decisioni politiche cruciali. 

Nel contesto del tempo, dove le donne erano spesso escluse dalla sfera politica e sociale, Eleonora si distinse come una figura eccezionale. La sua abilità nel governare, nella promulgazione della Carta de Logu e nella difesa dell'indipendenza della Sardegna dimostra che le donne avevano il potenziale di giocare ruoli chiave nonostante le restrizioni sociali dell'epoca.

Nata a Molins de Rei, in Catalogna nel 1347. La sua famiglia si trasferì in Sardegna quando era ancora giovane. Suo padre, Mariano IV dei de Serra Bas, fu un importante governante del Giudicato di Arborea, e la sua posizione e visione politica hanno avuto un impatto significativo sulla formazione di Eleonora come leader.

La storia di Eleonora d'Arborea è quindi legata alle radici catalane della sua famiglia e al contesto politico della Sardegna medievale. Il suo impegno per l'autonomia della Sardegna e la sua difesa contro ingerenze straniere riflettono il contesto storico e le sfide che il Giudicato di Arborea affrontava durante il suo regno. 

Al tempo di Eleonora e secoli prima, la Sardegna era divisa in quattro giudicati, che erano delle entità politiche e amministrative indipendenti. I quattro giudicati erano:

1. **Giudicato di Cagliari:** Si trovava nella parte meridionale dell'isola, con Cagliari come capoluogo.

2. **Giudicato di Arborea:** Si estendeva nella parte occidentale dell'isola, con Oristano come uno dei centri principali.

3. **Giudicato di Torres:** Occupava la parte settentrionale dell'isola, con Porto Torres come uno dei centri principali.

4. **Giudicato di Gallura:** Si trovava nella parte nord-orientale dell'isola, con Golfo Aranci come uno dei centri principali.

Ciascun giudicato era governato da un giudice (in italiano) o giudice (in lingua sarda). Questi giudicati operavano in uno stato di relativa autonomia, con le loro leggi e istituzioni, anche se erano periodicamente soggetti a influenze e contese da parte di potenze esterne, come la Repubblica di Pisa, la Repubblica di Genova e, in seguito, il Regno di Aragona.

Nel corso del tempo, ci furono vari tentativi di unificare l'isola sotto un'unica autorità, e uno di questi sforzi fu rappresentato dalla figura di Eleonora d'Arborea, che aspirava a unire la Sardegna sotto la sua guida.

Al volere di conquista degli Aragonesi in terra sarda Mariano IV dei de Serra Bas,, fu un fiero difensore dell'autonomia del Giudicato di Arborea e dell'indipendenza della Sardegna dal controllo esterno. La sua decisione di rompere il vincolo vassallatico con la corona aragonese diede il via a un lungo periodo di conflitto tra Arborea e la corona iberica.

La guerra sardo-catalana, scatenatasi nel 1353 da Mariano IV, fu un conflitto che durò per oltre mezzo secolo e rappresentò la resistenza del Giudicato di Arborea contro la crescente influenza aragonese in Sardegna. 

Legami con i Doria

 I legami di Eleonora d'Arborea con la Repubblica di Genova indicano l'importanza delle alleanze e delle relazioni internazionali nel contesto politico della Sardegna medievale.

Il trasferimento di Eleonora a Genova e la sottoscrizione del prestito con il doge Nicolò Guarco riflettono la complessità delle dinamiche politiche e delle alleanze dell'epoca. I prestiti erano spesso uno strumento utilizzato per garantire supporto finanziario o alleati strategici.

La Repubblica di Genova, nota anche come la Superba, era una potente repubblica marinara con interessi commerciali e politici che si estendevano su varie regioni del Mediterraneo. Eleonora, cercando alleati per contrastare l'influenza aragonese, potrebbe aver visto nella Repubblica di Genova un partner utile.

Tuttavia, la storia successiva dimostra che, nonostante le alleanze internazionali, la Sardegna finì per essere assorbita progressivamente dalla corona aragonese.

 Il matrimonio con Brancaleone Doria rappresentò un importante legame tra la giudicessa e un membro influente del casato genovese Doria. Gli Arborea e i Doria avevano interessi comuni nel contrastare l'influenza aragonese in Sardegna.

 La clausola che prevedeva il possibile matrimonio tra Federico, primogenito di Eleonora d'Arborea, e la figlia del doge Bianchina evidenzia ulteriormente la natura strategica degli accordi matrimoniali nel contesto politico dell'epoca.

Le unioni matrimoniali erano spesso utilizzate come mezzi per stabilire e consolidare alleanze politiche e per creare legami tra le famiglie nobili. La clausola che prevedeva il matrimonio tra i figli delle due famiglie indica che questa alleanza non era solo basata su interessi presenti, ma cercava di garantire una continuità di legami tra le generazioni future.

Questi dettagli evidenziano ancora una volta il ruolo cruciale degli accordi matrimoniali e delle relazioni familiari nella geopolitica medievale, dove le unioni tra casate nobili potevano avere profonde implicazioni sulle dinamiche di potere e sui destini delle regioni coinvolte.

A seguito dell'assassinio del fratello Ugone III e della figlia Benedetta rappresenta un punto critico nella successione al trono del Giudicato di Arborea. Le circostanze della loro morte e le motivazioni dietro l'omicidio sono spesso complesse e possono coinvolgere vari interessi politici e personali.

L'eredità del giudicato fu posta in discussione, e la morte improvvisa e violenta di Ugone III aprì la strada a dispute e rivalità per la successione. Eleonora d'Arborea, trovandosi nella posizione di una delle eredi più prossime, intervenne per assicurare che il figlio, probabilmente Federico, ottenesse l'elezione da parte della Corona de Logu.

La Corona de Logu era l'assemblea dei rappresentanti delle nobili famiglie del giudicato, e aveva un ruolo importante nella designazione del nuovo sovrano. Eleonora, con la sua influenza e abilità politica, cercò di garantire il supporto necessario per assicurare che il figlio fosse eletto giudice.

La successione al giudicato di Arborea

Dopo l'assassinio di Ugone III e di sua figlia Benedetta, la successione al Giudicato di Arborea divenne un processo complesso e contestato. Eleonora d'Arborea, in quanto parente prossima, cercò di garantire la successione del proprio figlio al trono. Tuttavia, la situazione non era priva di complicazioni e rivalità.

Le rivalità interne, le influenze esterne e i potenziali conflitti di interesse rendevano il processo di successione complesso. Inoltre, la morte di Beatrice, la sorella di Ugone III, nel 1377, e la lontananza del suo erede contribuirono a complicare ulteriormente la questione della successione.

Nel corso del tempo, la situazione si risolse con l'ascesa di Federico, figlio di Eleonora, al trono del Giudicato di Arborea. Eleonora d'Arborea, attraverso le sue abilità politiche e il suo impegno, riuscì a preservare l'autonomia del giudicato e ad assicurare una transizione relativamente stabile nella successione. 

L'intento di Eleonora d'Arborea di riunire nelle mani del figlio i territori che erano stati sotto il controllo di Ugone III prima della sua uccisione rientra nella sua strategia di preservare l'autonomia del Giudicato di Arborea e contrastare l'influenza aragonese in Sardegna.

Il controllo di quei "due terzi della Sardegna" rappresentava una parte significativa dell'isola e avrebbe potuto garantire una base solida per l'autorità del nuovo giudice. Questa mossa strategica di Eleonora rifletteva la sua volontà di preservare l'indipendenza della sua regione in un periodo in cui la Sardegna era soggetta a tensioni e conflitti legati alle rivalità tra potenze esterne, come la corona aragonese. 

La storia della successione al Giudicato di Arborea evidenzia le complesse dinamiche politiche e territoriali che caratterizzarono la Sardegna medievale. Eleonora d'Arborea si distinse come una figura chiave nella protezione degli interessi della sua casa regnante e nella difesa dell'autonomia del giudicato.

La preoccupazione del re d'Aragona riguardo al potenziale consolidamento di una famiglia così potente nel suo regno, soprattutto senza un erede diretto maschio di Ugone, riflette le preoccupazioni tipiche dei sovrani medievali sulla distribuzione del potere e delle ricchezze all'interno del loro regno.

L'idea che, secondo le consuetudini italiane ("iuxta morem italicum"), i possedimenti avrebbero dovuto essere incamerati dal fisco reale senza un erede diretto maschio forniva un pretesto legale per interventi da parte del re o delle autorità centrali.

Il trattenimento di Brancaleone, il marito di Eleonora d'Arborea, sotto il pretesto di farlo rientrare in Sardegna quando una flotta fosse stata allestita, ma effettivamente trattandolo come un ostaggio, mostra come le dinamiche politiche spesso coinvolgessero la prigionia o la detenzione di persone di spicco come strumento di pressione contro ribellioni o per raggiungere obiettivi politici.

Questo contesto evidenzia la complessità delle relazioni politiche e delle tattiche utilizzate nell'Europa medievale, in cui il controllo territoriale, la successione, e la gestione delle famiglie nobili erano questioni di grande rilevanza.

La risposta decisa di Eleonora d'Arborea alle minacce e alle congiure contro di lei e la sua successione riflette la sua determinazione nel difendere l'autonomia del Giudicato di Arborea e le tradizioni della sua dinastia. 

La sua azione di punire i congiurati e l'autoproclamazione a giudicessa secondo le disposizioni del nonno Ugone II, che permettevano alle donne di succedere al trono in mancanza di eredi maschi, dimostra la sua abilità politica e la volontà di aderire a una linea di successione basata sul merito e sulle leggi ereditarie locali.

La prassi elettiva adottata da Eleonora contrastava con la pratica di infeudazione regia promossa dal Regno d'Aragona, evidenziando così un'opposizione tra le tradizioni locali della Sardegna e la politica aragonese. Gli Arborea, richiamando la loro antica autonomia di origine alto medievale, sottolineavano il diritto alla piena sovranità nei propri territori, una situazione spesso in contrasto con le ambizioni centralizzatrici del Regno d'Aragona.

L'intervento diretto del monarca aragonese nella successione del Giudicato di Arborea, con la decisione di far subentrare il nipote Federico (primogenito di Eleonora) sotto la reggenza di Eleonora stessa, riflette la complessità delle relazioni tra la Sardegna e il Regno d'Aragona durante quel periodo.

La decisione di imprigionare Brancaleone Doria, il marito di Eleonora, suggerisce che il re d'Aragona avesse l'intenzione di esercitare un controllo più diretto sulla situazione e di neutralizzare eventuali minacce provenienti da questa famiglia potente e dalla sua connessione con Eleonora.

Questa mossa del monarca aragonese contribuì a consolidare il controllo esterno sulla successione del Giudicato di Arborea, indebolendo la posizione di Eleonora e della sua famiglia. La storia successiva avrebbe poi visto la progressiva incorporazione della Sardegna nel Regno d'Aragona.

La politica di Eleonora d'Arborea

Eleonora si oppose fermamente ai tentativi del Regno d'Aragona di incorporare la Sardegna nei propri domini. Il Giudicato di Arborea aveva una lunga tradizione di autonomia e di governo indipendente, e Eleonora cercò di preservare questa autonomia attraverso le sue azioni.

In definitiva, la politica di Eleonora d'Arborea fu caratterizzata dalla sua lotta per preservare l'autonomia del Giudicato di Arborea, dalla promozione della giustizia attraverso la Carta de Logu, e dalla resistenza contro l'influenza straniera, in particolare quella del Regno d'Aragona.

Carta de Logu

L'aggiornamento della Carta de Logu da parte di Eleonora d'Arborea fu un atto significativo durante il suo regno. La Carta de Logu era un codice legislativo che dettava le leggi e gli ordinamenti del Giudicato di Arborea, e la sua revisione da parte di Eleonora rifletteva il suo impegno nel plasmare in modo più adeguato e avanzato il sistema giuridico del regno.

La Carta de Logu fu originariamente promulgata dal padre di Eleonora, Mariano IV dei de Serra Bas, e successivamente rivista dal fratello Ugone III. Eleonora, con la sua azione di aggiornamento, contribuì a dare al regno una "sistemazione stabile e duratura" nei suoi ordinamenti giuridici.

 La Carta de Logu, con le sue disposizioni avanzate per l'epoca, rappresenta una delle eredità più durature di Eleonora d'Arborea e la sua dedizione alla giustizia e alla governance progressista nella Sardegna medievale

Il fatto che la Carta de Logu sia rimasta in vigore fino al 1827 sottolinea la sua duratura importanza nella storia giuridica della Sardegna. Eleonora d'Arborea è pertanto ricordata come un'icona della resistenza, della cultura e del desiderio di autonomia della Sardegna medievale. La sua figura continua a essere celebrata come simbolo di orgoglio e identità sarda.

Le residenze di Eleonora d'Arborea

Le informazioni specifiche sulle residenze di Eleonora d'Arborea durante il suo regno possono essere limitate, ma la sua attività politica e il ruolo di giudicessa di Arborea suggeriscono alcune località che potrebbero essere state di rilievo nella sua vita.

La prima città è ovviamente Oristano, capitale del Giudicato di Arborea e uno dei centri principali del potere politico e amministrativo. Eleonora avrebbe avuto un ruolo importante nella città, soprattutto quando era impegnata nelle questioni di governo e durante i momenti cruciali della sua leadership.

La casa-fortezza situata nel sito dell'ex carcere di Oristano, presso la piazza Manno, rappresenta un importante luogo storico legato al periodo medievale del Giudicato di Arborea. La menzione di questa residenza nel testamento del giudice Ugone II, risalente al 1335, fornisce un collegamento storico significativo e indica che questo luogo aveva una rilevanza istituzionale nel contesto del Giudicato di Arborea.

Un'altra residenza che si menziona che Eleonora e suo marito Brancaleone Doria avessero risieduto a Castelgenovese, l'attuale Castelsardo. Questa località, situata sulla costa nord-occidentale della Sardegna, avrebbe potuto essere un centro di residenza e attività per Eleonora e la sua famiglia.

Inoltre, sebbene non vi siano prove specifiche del soggiorno di Eleonora d'Arborea nel castello di Sanluri, è ragionevole ipotizzare che la giudicessa potesse aver soggiornato in altri castelli della frontiera meridionale del suo regno per motivi di controllo territoriale e militare. 

In particolare, le fortezze di Monreale nei pressi di Sardara e il castello di Marmilla in prossimità di Las Plassas rappresenterebbero possibili siti dove Eleonora avrebbe potuto stabilire la sua presenza a fini amministrativi e strategici.

La scelta di soggiornare in questi castelli avrebbe avuto senso considerando la loro posizione strategica lungo i confini meridionali del Giudicato di Arborea. La gestione diretta di questi avamposti avrebbe facilitato il controllo sul territorio, consentendo alla giudicessa di presidiare le aree più vicine ai confini e di gestire le questioni di sicurezza nella zona.

MORTE

La morte di Eleonora d'Arborea avvenne a causa della peste nel 1404 segnò la fine di un'era e un punto di svolta nella storia della Sardegna medievale. Eleonora aveva giocato un ruolo cruciale nella difesa dell'autonomia del Giudicato di Arborea e nella resistenza al controllo del Regno d'Aragona.

La figura di Eleonora d'Arborea è ricordata come una leader forte e determinata che ha cercato di proteggere l'autonomia della sua terra in un periodo di cambiamenti e conflitti. La sua eredità si riflette non solo nelle sue azioni politiche, ma anche nella Carta de Logu, un contributo significativo alla storia legislativa della Sardegna.

La sua morte segnò la fine della resistenza del Giudicato di Arborea e, con il tempo, la Sardegna venne gradualmente incorporata nei domini del Regno d'Aragona. La storia di Eleonora d'Arborea rimane un capitolo importante nella narrazione della Sardegna medievale.

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