Palestina Moderna: Estranei nella propria terra

 


Intro: questo video è solo a titolo formativo, non ho nessun fine di convincere le persone di chi possa essere il popolo oppresso o l'oppressore, anche se logicamente anch'io ho le mie idee. Quel che è certo che la in Palestina come in altre parti del mondo si sta vivendo un dramma di proporzioni bibliche, e fa male vedere certe immagini.

 Nel corso del XX secolo, la Palestina fu teatro di profondi cambiamenti politici, sociali e territoriali, con la presenza di due popoli distinti, ebrei e arabi, che rivendicavano entrambi diritti sulla terra. Ecco una sintesi dei principali eventi:

Prima di inoltrarci in informazione più dettagliate

1. **Inizio del movimento sionista**: Il movimento sionista, fondato da Theodor Herzl nel 1897, si proponeva di creare uno stato ebraico in Palestina, considerata la patria storica del popolo ebraico.

2. **Immigrazione ebraica in Palestina**: Tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX secolo, iniziarono a verificarsi flussi migratori di ebrei in Palestina, in risposta alle persecuzioni antisemite in Europa e al desiderio di stabilirsi nella loro terra ancestrale.

3. **Imperialismo britannico**: Durante la prima guerra mondiale, l'Impero britannico conquistò la Palestina agli Ottomani nel 1917. Con la Dichiarazione di Balfour del 1917, il governo britannico si espresse a favore di un "focolare nazionale ebraico" in Palestina, senza però pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche presenti nella regione.

4. **Mandato britannico sulla Palestina**: Dopo la guerra, la Società delle Nazioni affidò al Regno Unito il mandato sulla Palestina, con il compito di promuovere l'insediamento ebraico e di creare le condizioni per l'istituzione di uno stato ebraico.

5. **Tensioni intercomunitarie**: L'immigrazione ebraica in Palestina e la politica britannica suscitarono tensioni con la popolazione araba locale, che temeva la perdita dei propri diritti e della propria terra.

6. **Rivolte e conflitti**: Nel corso degli anni '20 e '30, si verificarono diverse rivolte e conflitti tra ebrei e arabi in Palestina, culminati nella grande rivolta araba del 1936-1939, che portò alla repressione britannica e a un cambiamento nella politica di immigrazione ebraica.

7. **Seconda guerra mondiale e Olocausto**: Durante la seconda guerra mondiale, l'immigrazione ebraica in Palestina diminuì a causa delle restrizioni britanniche. Nel frattempo, l'Olocausto in Europa portò alla morte di milioni di ebrei, rafforzando la determinazione del movimento sionista a creare uno stato ebraico sicuro.

8. **Dopo la guerra e la creazione dello Stato di Israele**: Nel 1947, l'ONU approvò il piano di spartizione della Palestina, che prevedeva la creazione di uno stato ebraico e di uno stato arabo. La dichiarazione di indipendenza dello Stato di Israele avvenne il 14 maggio 1948. Questo portò a una guerra arabo-israeliana che vide la nascita dello Stato di Israele e il massiccio esodo palestinese noto come Nakba.

Da allora, il conflitto israelo-palestinese ha dominato la regione, con guerre, negoziati di pace falliti e continue tensioni territoriali, religiose e politiche. La questione della Palestina rimane una delle più complesse e divisive a livello internazionale.

Molti palestinesi si sentono ancora oggi come invasi nella propria terra a causa degli eventi storici che hanno portato alla creazione dello Stato di Israele e al conseguente esodo palestinese, noto come Nakba, che ha causato la fuga di centinaia di migliaia di palestinesi dalle loro case e dalla loro terra.

La fondazione dello Stato di Israele nel 1948 ha portato a significativi cambiamenti demografici e territoriali nella regione, con la creazione di uno stato ebraico su una terra che era abitata da una popolazione mista di arabi e ebrei. Questo ha generato profonde ferite storiche e sentimenti di ingiustizia tra i palestinesi, molti dei quali hanno perso le proprie case, terre e mezzi di sussistenza durante il conflitto e sono stati costretti a rifugiarsi in campi profughi o ad emigrare in altri paesi.

In aggiunta, il proseguimento dell'espansione degli insediamenti israeliani nei territori occupati, come la Est Cisgiordania e Gerusalemme, ha alimentato ulteriori sentimenti di oppressione e ingiustizia tra i palestinesi. Questi insediamenti sono considerati illegali secondo il diritto internazionale e sono visti dai palestinesi come una continua usurpazione delle loro terre.me

Inoltre, le restrizioni alla libertà di movimento, l'accesso limitato alle risorse e ai servizi, la presenza militare israeliana e altre misure di sicurezza hanno contribuito a perpetuare il senso di oppressione tra i palestinesi nei territori occupati.

Perciò, molti palestinesi continuano a lottare per i propri diritti, inclusi il diritto all'autodeterminazione, alla terra e alla libertà, e vedono la situazione attuale come una continuazione dell'ingiustizia storica subita dalla loro comunità. La questione della Palestina rimane quindi una delle principali questioni di conflitto e instabilità nella regione del Medio Oriente.

Durante la Prima Guerra Mondiale, l'Impero Ottomano era schierato con le Potenze Centrali contro le Potenze Alleate. In questo contesto, il Regno Unito cercò il sostegno degli arabi contro gli Ottomani, promettendo loro l'indipendenza o l'autonomia in cambio del loro aiuto nella lotta contro l'Impero Ottomano.

Nel 1917, il ministro degli Esteri britannico Arthur Balfour inviò una lettera al barone Lionel Walter Rothschild, un leader della comunità ebraica britannica, che divenne nota come la Dichiarazione di Balfour. In questa lettera, il governo britannico dichiarò il suo sostegno alla creazione di "un focolare nazionale per il popolo ebraico" in Palestina, riconoscendo la legittimità delle aspirazioni sioniste.

La Dichiarazione di Balfour ebbe profonde conseguenze storiche. Da un lato, rappresentò un importante riconoscimento internazionale delle aspirazioni sioniste e dell'idea di creare uno stato ebraico in Palestina. Dall'altro lato, suscitò preoccupazioni e opposizione tra la popolazione araba locale, che temeva la perdita dei propri diritti e della propria terra.

La Dichiarazione di Balfour è stata considerata uno dei fattori scatenanti del conflitto tra ebrei e arabi in Palestina, poiché ha contribuito a innescare tensioni intercomunitarie sulla questione della terra e dell'autodeterminazione nazionale. La sua influenza si è fatta sentire nel periodo successivo, durante il Mandato britannico sulla Palestina e oltre, contribuendo a plasmare il corso degli eventi nella regione e il conflitto israelo-palestinese fino ai giorni nostri.

Dopo la Prima Guerra Mondiale, con il crollo dell'Impero Ottomano, la Società delle Nazioni conferì al Regno Unito il mandato sulla Palestina attraverso il Mandato britannico sulla Palestina. Questo mandato fu formalizzato nel 1920 e autorizzò il Regno Unito a amministrare la Palestina fino a quando il paese fosse stato considerato in grado di governarsi autonomamente.

Il Mandato britannico sulla Palestina si basava in parte sulla Dichiarazione di Balfour del 1917, che esprimeva il sostegno britannico alla creazione di un "focolare nazionale per il popolo ebraico" in Palestina, e includeva l'obbligo per il Regno Unito di facilitare l'insediamento ebraico nella regione.

Tuttavia, il Mandato aveva anche l'obiettivo di promuovere lo sviluppo socio-economico e politico della Palestina nel suo complesso, senza pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche presenti nella regione. Questo creò tensioni tra gli obiettivi sionisti di creare uno stato ebraico e gli interessi degli arabi palestinesi, che temevano la perdita dei propri diritti e della propria terra.

Durante il periodo la Palestina vide un aumento dell'immigrazione ebraica, la crescita delle tensioni intercomunitarie e l'escalation della violenza tra ebrei e arabi. Il Regno Unito si trovò spesso a dover mediare tra le richieste concorrenti delle due comunità e a gestire l'instabilità politica e sociale nella regione.

Alla fine del Mandato britannico, nel 1947, il Regno Unito trasferì la questione della Palestina all'attenzione delle Nazioni Unite, che approvarono il piano di spartizione nel novembre del 1947, portando alla creazione dello Stato di Israele nel maggio del 1948 e al conseguente conflitto arabo-israeliano.

ETNIA 

La maggioranza della popolazione palestinese è musulmana, con la maggior parte seguace del ramo sunnita dell'Islam. Tuttavia, vi è anche una piccola comunità di musulmani sciiti, principalmente concentrata nella città di Gaza. Inoltre, ci sono anche comunità cristiane significative, che rappresentano circa il 10% della popolazione palestinese. Le principali confessioni cristiane presenti in Palestina includono i cristiani ortodossi, i cattolici e i protestanti.

LIBRO BIANCO 

Il Libro Bianco del 1922 fu un documento emesso dal governo britannico per chiarire la sua politica in Palestina, in seguito alla Dichiarazione di Balfour del 1917 e alle tensioni crescenti tra la comunità ebraica e quella araba nella regione. 

Questo documento cercava di rassicurare la popolazione araba sulla Dichiarazione di Balfour e sull'obiettivo britannico di istituire un "focolare nazionale per il popolo ebraico" in Palestina, garantendo al contempo che i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche sarebbero stati preservati. 

Il Libro Bianco del 1922 affermava che il governo britannico avrebbe lavorato per promuovere l'insediamento ebraico in Palestina, ma avrebbe anche rispettato gli interessi e i diritti della popolazione araba. Tuttavia, questa dichiarazione non riuscì a placare le tensioni tra le due comunità, e il conflitto tra ebrei e arabi in Palestina continuò a crescere nel corso degli anni '20 e '30.

Le rivolte anti-inglesi 

Durante il periodo del Mandato britannico sulla Palestina, ci furono diverse rivolte anti-britanniche da parte sia della popolazione araba che di quella ebraica.

 Rivolta araba del 1936-1939: Questa fu una delle rivolte più significative contro il Mandato britannico. Fu scatenata da una combinazione di tensioni etniche, economiche e politiche. La popolazione araba protestava contro l'immigrazione ebraica e la crescente presenza sionista in Palestina. La rivolta portò a uno stato di emergenza, alla repressione britannica e all'istituzione di restrizioni sull'immigrazione ebraica.

2. **Rivolta ebraica del 1939-1945**: Anche la comunità ebraica in Palestina si ribellò contro il governo britannico, principalmente a causa delle restrizioni all'immigrazione ebraica imposte dopo la rivolta araba. Questa rivolta ebbe inizio con l'inizio della seconda guerra mondiale e continuò fino alla fine del conflitto. Gruppi ebraici armati, come l'Irgun e il Lehi, compirono attacchi contro obiettivi britannici e anche contro i palestinesi arabi.

Entrambe le rivolte hanno dimostrato l'instabilità del Mandato britannico in Palestina e la difficoltà di gestire le tensioni tra le comunità arabe ed ebraiche. Questi eventi hanno anche influenzato la politica britannica nella regione e hanno avuto un impatto duraturo sul conflitto israelo-palestinese.

La Seconda guerra mondiale 


La comunità ebraica in Palestina e molti leader sionisti supportarono attivamente gli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale. Parte di questo sostegno era basato sulla speranza che una vittoria alleata avrebbe potuto portare a un maggiore sostegno internazionale per la creazione di uno stato ebraico in Palestina dopo la guerra. Inoltre, la persecuzione e l'Olocausto in Europa rafforzarono il desiderio di molti ebrei di combattere contro il nazismo.

Diversi gruppi arabi palestinesi guardarono con interesse verso le potenze dell'Asse. Questo interesse era spesso legato alla percezione che le potenze dell'Asse avrebbero potuto contrastare l'espansione ebraica in Palestina, considerando i legami tra alcuni leader arabi e l'Italia fascista o la Germania nazista. Tuttavia, non c'è stata una solidarietà uniforme tra tutti gli arabi palestinesi nei confronti dell'Asse, e molti rimasero neutrali o addirittura si unirono alle forze alleate.

È importante sottolineare che questi schieramenti non rappresentavano posizioni unanimi tra ebrei e arabi palestinesi e che ci furono molte sfumature e variazioni individuali nelle alleanze e nelle opinioni politiche durante quel periodo tumultuoso.

AIUTO DALLA GERMANIA 

Durante la Seconda Guerra Mondiale la Germania nazista cercò di sfruttare i sentimenti anti-ebraici in Medio Oriente, incluso il finanziamento e il supporto a gruppi arabi palestinesi con l'obiettivo di destabilizzare il Mandato britannico e colpire obiettivi ebraici.

Uno degli esempi più noti di questa politica è rappresentato dalla figura di Muḥammad Amīn al-Ḥusaynī   il Gran Mufti di Gerusalemme, che si incontrò con il leader nazista Adolf Hitler e altri alti funzionari del regime. Al-Husseini cercò di ottenere il sostegno tedesco per promuovere la causa araba in Palestina e per opporsi agli insediamenti ebraici nella regione.

Ci sono anche rapporti che suggeriscono che alcuni gruppi arabi palestinesi abbiano ricevuto addestramento e supporto finanziario dalla Germania nazista per condurre attacchi contro obiettivi ebraici e britannici in Palestina. Tuttavia, l'entità e la portata di questo supporto non sono completamente chiare e rimangono argomento di dibattito tra gli storici.

È importante sottolineare che questi sforzi da parte della Germania nazista non furono determinanti nel conflitto israelo-palestinese e che le dinamiche interne alla regione, così come gli eventi internazionali come la dichiarazione di indipendenza di Israele e il successivo conflitto arabo-israeliano, ebbero un impatto molto maggiore sul corso degli eventi nella Palestina mandataria e nella creazione dello Stato di Israele.


Il piano di spartizione dell'ONU 


Il piano di spartizione dell'ONU, formalmente conosciuto come Risoluzione 181 delle Nazioni Unite, fu adottato il 29 novembre 1947. Questa risoluzione rappresentò un tentativo delle Nazioni Unite di risolvere il conflitto tra ebrei e arabi in Palestina, proponendo la divisione del territorio in due stati separati: uno ebraico e uno arabo, con Gerusalemme e i suoi dintorni designati come corpus separatum, un'entità internazionale amministrata dalle Nazioni Unite.

 Il piano prevedeva la divisione della Palestina mandataria in due stati indipendenti: uno ebraico (56% del territorio) e uno arabo (42% del territorio). Il restante 2% del territorio sarebbe stato costituito da una zona speciale intorno a Gerusalemme, sotto il controllo internazionale delle Nazioni Unite.

Secondo il piano, ciascuno dei due stati avrebbe dovuto garantire diritti civili e religiosi alle minoranze presenti sul proprio territorio. Tuttavia, l'effettiva realizzazione di questi diritti sarebbe stata lasciata alla legislazione interna di ciascuno stato.


Il piano di spartizione fu accolto con reazioni diverse da parte delle parti coinvolte. Gli ebrei accettarono generalmente il piano, mentre i leader arabi lo respinsero, ritenendolo ingiusto e contraddittorio rispetto alle loro aspirazioni di unità territoriale araba in Palestina.

La risoluzione non fu mai pienamente attuata, poiché il suo piano di divisione incontrò la resistenza da parte delle potenze arabe e portò a una guerra arabo-israeliana immediatamente dopo la dichiarazione di indipendenza di Israele nel 1948. Questa guerra portò a significative modifiche territoriali e consolidò la presenza di Israele in molte delle aree assegnate agli ebrei secondo il piano di spartizione.

La prima guerra arabo-israeliana 

La Prima Guerra Arabo-Israeleana, nota anche come Guerra d'Indipendenza di Israele, fu un conflitto armato che scoppiò poco dopo la dichiarazione di indipendenza di Israele il 14 maggio 1948 e coinvolse i paesi arabi confinanti (Egitto, Giordania, Siria, Libano e Iraq) e le forze ebraiche locali.

 Il 14 maggio 1948, Israele dichiarò la propria indipendenza, annunciando la fine del Mandato britannico sulla Palestina. Questo evento fu seguito da riconoscimenti internazionali e da un'escalation delle tensioni nella regione.

 I paesi arabi confinanti con Israele non accettarono la dichiarazione di indipendenza e invasero il territorio appena formato. L'Egitto, la Giordania, la Siria, il Libano e l'Iraq mobilitarono le proprie forze militari per contrastare l'indipendenza di Israele e proteggere gli interessi arabi nella regione.

 La guerra vide una serie di battaglie e scontri tra le forze israeliane e quelle arabe lungo tutto il territorio di Israele. Tra le battaglie più significative ci furono quelle per la città di Gerusalemme, per la pianura costiera, per il Negev e per le città di Tiberiade e Haifa.

 Durante la guerra, furono intraprese varie iniziative diplomatiche per cercare di mediare un cessate il fuoco tra le parti in conflitto, ma senza successo immediato. Alla fine, furono firmati una serie di accordi di cessate il fuoco che segnarono la fine delle ostilità.

 Alla fine della guerra, Israele riuscì a consolidare il proprio controllo su una porzione significativa del territorio che era stato assegnato agli ebrei secondo il piano di spartizione delle Nazioni Unite. Tuttavia, la guerra portò anche all'esodo palestinese noto come Nakba, con centinaia di migliaia di palestinesi costretti a fuggire dalle loro case e ad affrontare la condizione di profughi.

La Prima Guerra Arabo-Israeleana ebbe profonde conseguenze sulla regione e segnò l'inizio di un lungo periodo di conflitti e tensioni nel Medio Oriente, che continuano a influenzare la geopolitica della regione fino ai giorni nostri.

La guerra dei sei giorni 


La Guerra dei Sei Giorni è stata un conflitto armato che ebbe luogo dal 5 al 10 giugno 1967 tra Israele e un'alleanza di stati arabi che includeva l'Egitto, la Giordania, la Siria, l'Iraq e altri paesi. Questa guerra è considerata una delle guerre più brevi ma più significative nella storia del conflitto arabo-israeliano e ha avuto profonde conseguenze per la geopolitica della regione.

 Le tensioni tra Israele e i paesi arabi confinanti erano aumentate negli anni precedenti a causa di varie questioni, tra cui la presenza di forze armate arabe lungo i confini di Israele, dispute territoriali e l'embargo marittimo del Mar Rosso imposto dall'Egitto nel 1967. Questo clima di tensione portò a uno scoppio di ostilità tra le parti.

Israele, percepita come minacciata da un attacco combinato degli stati arabi, decise di agire preventivamente per garantire la propria sicurezza. Il 5 giugno 1967, le forze armate israeliane lanciarono un attacco aereo preventivo contro le forze aeree egiziane, distruggendo gran parte delle loro forze aeree a terra.

 Dopo l'attacco aereo, le forze israeliane invasero la Penisola del Sinai, controllata dall'Egitto, e si spinsero rapidamente in Cisgiordania e sulla Alture del Golan, controllate rispettivamente dalla Giordania e dalla Siria.

Nonostante la superiorità numerica degli stati arabi, le forze israeliane riuscirono a ottenere una serie di vittorie decisive in un breve periodo di tempo. Israele riuscì a conquistare la Penisola del Sinai, la Striscia di Gaza, la Cisgiordania, Gerusalemme Est e le Alture del Golan. La guerra terminò ufficialmente il 10 giugno 1967, dopo solo sei giorni di combattimenti.

 La Guerra dei Sei Giorni ebbe conseguenze durature per la regione. Israele acquisì controllo su territori significativi, inclusi territori palestinesi, e consolidò la sua posizione di potenza militare dominante nel Medio Oriente. Tuttavia, la guerra anche intensificò le tensioni etniche e religiose nella regione e generò nuove sfide, come il controllo dei territori occupati e il conflitto con la popolazione palestinese.

La Guerra dei Sei Giorni rappresentò una svolta nella storia del conflitto israelo-palestinese e influenzò profondamente la politica e la geopolitica del Medio Oriente.

Storia recente

La storia recente del conflitto israelo-palestinese è caratterizzata da una serie di eventi, sviluppi politici e conflitti che hanno continuato a plasmare la situazione nella regione. 

Nel 1987 ebbe inizio la Prima Intifada, un'insurrezione palestinese contro l'occupazione israeliana dei territori palestinesi. Questo periodo di proteste e ribellioni durò fino agli anni '90 e portò a significativi cambiamenti politici, inclusi i negoziati di pace di Oslo.

 Nel 1993, Israele e l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) firmarono gli Accordi di Oslo, che stabilirono un quadro per negoziati di pace diretti e il riconoscimento reciproco tra le parti. Tuttavia, nonostante gli sforzi di pace, gli accordi non portarono a una risoluzione definitiva del conflitto.

Nel 2000 ebbe inizio la Seconda Intifada, un'altra ondata di violenza e conflitto tra israeliani e palestinesi. Questo periodo di violenza durò fino al 2005 e portò a una significativa perdita di vite umane da entrambe le parti.

Nello stesso anno completò il disimpegno unilaterale dalla Striscia di Gaza, ritirando tutte le forze militari israeliane e gli insediamenti ebraici dalla zona. Tuttavia, questo non ha portato alla pace e alla stabilità nella regione, e Gaza è rimasta soggetta a conflitti e tensioni.

 Nel corso degli anni, ci sono stati vari tentativi di raggiungere una soluzione politica al conflitto israelo-palestinese, inclusi negoziati di pace sponsorizzati dagli Stati Uniti e da altri attori internazionali. Tuttavia, tali sforzi sono stati spesso minati da ostilità, estremismo e mancanza di fiducia reciproca tra le parti.

Negli anni più recenti, ci sono stati episodi di violenza e tensioni tra israeliani e palestinesi, compresi conflitti armati nella Striscia di Gaza e attacchi terroristici in Israele e nei territori palestinesi occupati.

Nel frattempo, diversi paesi e organizzazioni internazionali hanno riconosciuto lo stato palestinese, sebbene Israele continui a sostenere che lo status finale dei territori occupati debba essere risolto attraverso negoziati diretti.

In sintesi, la storia recente del conflitto israelo-palestinese è stata caratterizzata da una continua instabilità, violenza e mancanza di progressi significativi verso una soluzione politica e duratura. La situazione rimane complessa e la ricerca di una pace duratura rimane uno dei principali obiettivi della comunità internazionale.

La questione dell'immigrazione araba 


La questione dell'immigrazione araba è stata un aspetto significativo del conflitto israelo-palestinese, particolarmente durante il periodo del Mandato britannico sulla Palestina e nei decenni successivi alla creazione dello Stato di Israele.

Durante il Mandato britannico sulla Palestina e prima della creazione di Israele nel 1948, la popolazione araba palestinese era molto più numerosa rispetto alla popolazione ebraica. Tuttavia, l'immigrazione ebraica in Palestina, sostenuta dai sionisti e, in parte, facilitata dalle autorità britanniche, portò a un aumento significativo della popolazione ebraica.

Dopo la creazione di Israele nel 1948 e la successiva guerra arabo-israeliana, centinaia di migliaia di palestinesi arabi fuggirono o furono espulsi dalle loro case, diventando rifugiati in altri paesi arabi o nei territori palestinesi occupati. Allo stesso tempo, molti ebrei provenienti da paesi arabi e dal resto del mondo emigrarono in Israele, in parte a causa dell'antisemitismo e delle persecuzioni in altri paesi.

La questione dell'immigrazione araba ha alimentato le tensioni etniche e politiche nel conflitto israelo-palestinese. Mentre Israele ha accolto ebraici provenienti da tutto il mondo con il diritto automatico di insediamento, molti palestinesi e attivisti per i diritti umani vedono il trattamento riservato ai rifugiati palestinesi come ingiusto e chiedono il loro diritto al ritorno alle loro terre ancestrali o a una compensazione per le proprietà perse.

L'immigrazione araba rimane una questione chiave nel contesto del conflitto israelo-palestinese, influenzando le politiche di insediamento, i negoziati di pace e le dinamiche demografiche nella regione.


La Giornata internazionale di solidarietà per il popolo palestinese è una giornata osservata dalle Nazioni Unite per esprimere solidarietà al popolo palestinese e per promuovere la consapevolezza sui problemi che affrontano. Questa giornata è stata istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1977 ed è celebrata ogni anno il 29 novembre.

Il 29 novembre è stato scelto perché coincide con l'anniversario della risoluzione dell'ONU del 1947 che propose la divisione della Palestina in due stati, uno ebraico e uno arabo. Questa risoluzione è stata fondamentale per il futuro del conflitto israelo-palestinese e la creazione dello Stato di Israele.

Durante la Giornata internazionale di solidarietà per il popolo palestinese, vengono organizzate varie iniziative e attività in tutto il mondo per promuovere la consapevolezza sulla situazione dei palestinesi e per esprimere sostegno alla loro causa. Queste attività possono includere manifestazioni, conferenze, eventi culturali, esposizioni fotografiche, proiezioni di film e molto altro ancora.

La giornata mira anche a rafforzare il sostegno internazionale per una soluzione pacifica e negoziata del conflitto israelo-palestinese, che tenga conto delle legittime aspirazioni di entrambi i popoli alla sicurezza, alla pace e all'autodeterminazione. Tuttavia, nonostante gli sforzi per promuovere la solidarietà internazionale, il conflitto rimane senza soluzione e continua a causare sofferenza e instabilità nella regione.



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