Le STREGE DI VENEGONO: AL ROGO 7 DONNE

 

Le STREGE DI VENOGONO: il processo

 Con la bolla di Papa Giovanni XXII, Super illius specula (Avignone, 1326), la magia fu considerata non più una pratica per persone superstiziose, ma divenne per la chiesa un fenomeno da eliminare e debellare come un morbo pestilenziale. 

La lotta alle presunte streghe è un affare dell'Inquisizione, un'istituzione ecclesiastica che ha il compito di indagare e punire i cosiddetti peccatori e adoratori del maligno. Nei secoli purtroppo si è rivelato, un potere infimo capace di scagliarsi solamente contro la povera gente! La tortura è l'atto più disumano e crudele per estirpare una verità che non esiste.

Anche il processo alle streghe di Venegono viene celebrato con le regole del Malleus Maleficarum, fino al totale annullamento psicofisico delle sue vittime.

 I verbali del processo sono datati 20 marzo 1520, nel castello del conte Fioramonte Castiglioni, per fatti accaduti a partire dal 1513.

Come spesso accadeva, anche per la vicenda di Venegono, il processo inquisitorio fece fede su dei pettegolezzi pubblici, che per l'accusa erano più che sufficienti a condurre un disgraziato sotto processo. Suddette accuse non erano nient'altro che frutto dell'invidia. Neanche un onesto avvocato poteva nulla di fronte alle accuse di stregoneria.

Dagli atti ritrovati, la prima donna a essere interrogata dall’Inquisitore fu una certa Margherita Fornasari, che assieme alla figlia Caterina fu accusata di essere «strega ed eretica da un certo Giacomo da Seregno, da poco messo al rogo in quel di Monza per eresia e stregoneria». 

 La donna avrebbe confessato tutto quanto le veniva addebitato, ma con l'unico particolare, di non aver coinvolto nessun'altra persona. L'interrogatorio termina con le minacce dell'inquisitore, che da un ultimatum di 24 ore di tempo a Margherita per fare altri nomi, altrimenti patirà l'inferno della tortura.

 Arriva un altro nome quella di Elisabetta Oleari, che però si proclamò innocente fino all'ultimo giorno, malgrado le torture che le vennero inflitte. La donna fu persino sotto posta a degli esorcismi.

 Dagli atti ritrovati tutte le sfortunate furono ritenute colpevoli di aver avuto rapporti con il diavolo. Il maligno si presentava col nome di “Martino”, e di aver fatto uso della magia “toccando” il bestiame e un neonato.

Le malcapitate furono arse vive con la pira al Monterosso. Solo una trovò la morte sotto tortura, ma venne comunque riesumata e arsa lo stesso!.

Con i suoi 108 fogli, il processo di Venegono è infatti l’unico, in Italia di cui sia giunta tutta la documentazione dell’epoca, salvato dalle fiamme che nel 1788 nel cortile della basilica di Santa Maria delle Grazie distrussero tutto l’archivio dell’Inquisizione dello Stato di Milano. 

Il fascicolo che portava il nome di “Processus Strigiarum” è diventato un libro Streghe e roghi nel Ducato di Milano, reso pubblico grazie alla ricercatrice Anna Marcaccioli Castiglioni.

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