DIARIO di Mastro Franz Schmidt: un BOIA del XVI secolo


La vita quotidiana di un boia medievale non era per niente facile. Oltre a tagliare teste e spezzare ossa, spesso venivano chiamati per curare delle ferite o mettere apposto delle fratture. Per i condannati a morte, talvolta divenivano delle guide spirituali, aiutando i condannati ad accettare il loro destino e chiedere perdono a Dio. Eppure erano mal visti del resto della comunità, ma come si dice  "È un lavoro che qualcuno doveva pur fare"

Ma qual era l'animo di un boia prima di eseguire una condanna a morte? Come viveva la sua condizione di carnefice all'interno di un villaggio? Per fortuna abbiamo dei documentati dettagliati scritti in prima persona da questi personaggi, tra cui quello del famoso boia '' mastro Franz Schmidt'', boia nella Norimberga del XVI secolo.  Schmidt offre uno strano e raro scorcio della vita quotidiana e delle pratiche di un carnefice medievale

L'immagine stereotipata di un carnefice del XVI secolo è quella di un tipo corpulento, a torso nudo, con un cappuccio nero, ma era ben altro! Per alcuni boia l'esecuzione da affrontare nello stesso giorno erano più di una. Al tempo di Enrico VIII, fare il boia era un mestiere a tempo pieno: furono stimate ben 72.000 esecuzioni.

DIARIO di mastro Franz Schmidt

Oggi, 13 agosto 1577, ho da fare solamente un'esecuzione , non devo decapitare né bande di pirati, né devo spezzare ossa alla ruota. Il mio incarico è quello di mandare al creatore un uomo di  nome Hans Vogel, reo di aver bruciato un uomo in una stalla. Anch'io come mio padre condurrò per sempre la professione di giustiziere della città!

Ricordo ancora il feroce magistrato bavarese Albrecht II voleva che tre uomini fossero impiccati, ma il villaggio in quel momento era sprovvisto un boia. Così tra la folla fu scelto un ragazzo di soli 18, quel ragazzo era mio padre. Divenne boia per tutta vita.

Nel 1573 sostituì mio padre è da allora ho eseguito 361 esecuzioni e 345 punizioni minori: fustigazioni, amputazioni di orecchie o dita. Ho giustiziato criminali con la corda, la spada, con la ruota spezzandoli tutti gli arti, bruciando e pure annegandoli. 

Eppure, nonostante il mio sporco lavoro, sono apprezzato e rispettato dalla comunità, le persone mi chiamano: Meister Franz. Ma torniamo a Vogel e all'agosto 1577.

CARNEFICE E PRIGIONIERI

 Come è consuetudine con i prigionieri, ho imparato a conoscere lo stesso Vogel, dopotutto lo mandi a viaggiare per l'eternità. Se avesse avuto ferite gravi o fosse comunque malato, lo avrei curato, adempiendo ai doveri della mia seconda professione di consulente medico.

Magari avrei chiesto di rinviare l'esecuzione, in modo che potesse affrontare una morte onorevole, con una salute perfetta. Non era raro vedere che i prigionieri come Vogel ricevano visitatori, come membri della famiglia o parenti per un'attesa di morire meno amara. La vedova di Vogel ha portato alcune arance e pan di zenzero. È un modo per dire che l'ha perdonato del suo crimine.

IL CLERO CONFORTA I CONDANNATI 

La maggior parte di coloro che visitavano i prigionieri condannati a morte sono frati. I cappellani che hanno fatto visita Vogel e altri prigionieri, hanno letto brani della Bibbia, pregavano e predicavano che tra qualche ora avrebbero avuto una vita migliore. 

Di solito, il prigioniero poco conosceva dell'aldilà, specialmente se proveniva da un piccolo villaggio e al suo interno c'era una piccola chiesa avente dei rudimentali dipinti alle pareti. Aveva sentito parlare del paradiso e dell'inferno, ma la parola del clero era l'unica visione che poteva avere. 

Certo i frati mostravano ai carcerati delle figure e preghiere illustrate, come xilografie, oltre a incisioni di santi, peccatori e morte. Insomma volevano far credere a Vogel che era fortunato di essere stato condannato a morte

LA MORTE DI UN CONDANNATO: UN VERO SPETTACOLO

Quando sei diventato un carnefice, vieni a conoscenza della tua missione: il tuo compito non è solo quello di liberare il mondo dai peccatori, devi essere bravo a scioccare gli spettatori con il tuo sadismo e piacere di fare del male.  

Il secondo obiettivo è quello di riaffermare la tua autorità divina e temporale. In qualità di carnefice, hai svolto un ruolo fondamentale nel raggiungimento di questo delicato equilibrio. Hai messo in scena un vero spettacolo: dalla condanna al corteo funebre, fino all'esecuzione vera e propria, tutto come se fosse una commedia.

L'ULTIMO PASTO: FESTA O CARESTIA

È risaputo che il condannato può chiedere quello che vuole per il suo ultimo pasto. Il condannato poteva ordinare ciò che voleva, e in quantità abbondanti, vino e birra compresi. Naturalmente, l'assunzione di grandi quantità di alcolici durante il "pasto del boia" era spesso a vantaggio del carnefice.

Il prigioniero arriva al patibolo quasi sempre, per non essere lucido al suo tragico destino. Alcuni prigionieri svenivano prima di essere condannati dalla grande quantità di alcool e cibo che avevano assunto. Vogel invece volle rimanere vigile fino alla fine, come da tradizione condivise con il boia la cosiddetta ''bevanda della pace''.

LA SENTENZA

Come per altre condanne anche il processo di Vogel ebbe la solita sentenza ''condanna a morte''. L'uomo confessò il suo delitto di fronte ai giudici vestiti con una tonaca rossa e nera, in una stanza riccamente decorata.

I giurati si fermano a votare le modalità di esecuzione: con la corda, con la spada, con il fuoco, con l'acqua o con la ruota. Scelgono la spada. Ma i fogli della pena di morte erano già circolati settimane prima, per assicurarsi migliaia di spettatori quel giorno. Vogel camminerà per circa un miglio per raggiungere il luogo dell'esecuzione.

TRE ERRATI COLPI DI SPADA PER NON ESSERE PIU' UN BOIA

Durante i suoi 45 anni di carriera e 187 esecuzioni registrate con la spada, Franz Schmidt dovette utilizzare un secondo colpo solo quattro volte. I boia erano a conoscenza delle conseguenze di una decapitazione non andata a buon fine. 

In Germania, in alcune città tedesche, il boia poteva sferrare tre colpi di lama prima che la folla o afferrasse e lo costringesse a morire al posto del prigioniero.

Oltre alla decapitazione, il boia aveva l'obbligo di ''rastrellare'', di pulire il sangue dal palco e portare via in fretta il corpo del condannato. Nel 1617 mastro Franz Schmidt lasciò la professione da boia per dedicarsi completamente alla carriera come consulente medico. Si è calcolato che fino alla morte fece consulenza medica a circa 15.000 persone.

Il giorno della sua morte nell'anno 1634, ricevette un funerale di stato. Il luogo di sepoltura è a pochi passi dalle tombe del famoso pittore Albrecht Dürer e del poeta Hans Sachs.

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